7.14.2006

Drammaturgia contemporanea superstar, in anteprima la decima edizione del festival Quartieri dell’Arte

Gian Maria Cervo, giovane autore teatrale italiano con spiccata vocazione internazionale, è direttore artistico e anima del festival “Quartieri dell’Arte” di Viterbo e Caprarola. Un festival decennale che pone in primo piano con coraggio e caparbietà la drammaturgia contemporanea, alla faccia della crisi che investe il teatro tradizionale, figuriamoci quello ancora “da rappresentare”.
Abbiamo chiesto a Cervo di parlarci in anteprima della nuova edizione della sua manifestazione.

Puoi dirci qual è la specificità del tuo festival?
“Credo che il tratto distintivo di "Quartieri dell'Arte" sia l'approccio esplorativo alla nuova drammaturgia. Mi piace ripetere che negli anni ci siamo trasformati. Siamo passati dall'essere un festival di studio all'essere un festival di intelligence, un organismo culturale, cioè, che attraverso le relazioni e gli scambi di idee mirati e casuali con i partner internazionali compie azioni di scouting sull'intero territorio mondiale.
Grazie ad un colloquio con Jack Bradley, literary manager del National Theatre di Londra, ad esempio, siamo riusciti a presentare la prima mondiale del testo "Il pane dell'inverno" del giovane e brillante drammaturgo statunitense Victor Lodato. E siamo arrivati a presentare la prima assoluta dell'opera "L'uomo piegato" di Toni Negri dopo che, essendo stati a stretto contatto con i mercati teatrali e culturali francese e tedesco, abbiamo acquisito la conoscenza di quanto il pensiero e i saggi recenti di Negri avessero influenzato alcuni dei più rappresentativi drammaturghi in Francia, Germania e Gran Bretagna”.

Quali sono le linee artistiche dell'edizione 2006? E quali gli autori più rappresentativi presenti nel cartellone?
“Celebriamo il nostro decimo anno, dieci anni di ricerca nel campo del teatro testuale. E quindi proporremo moltissime prime mondiali, testi inediti, scoperti o direttamente commissionati da noi. Per quello che riguarda la drammaturgia italiana abbiamo lavorato su due filoni. Il primo è quello dei drammaturghi che hanno intrattenuto contatti e compiuto esperienze lavorative a livello internazionale: questo spiega la presenza di autori come il sottoscritto, Alberto Bassetti (che ha avuto i suoi testi rappresentati in prestigiosi teatri di tutta Europa) e Stefano Ricci e Gianni Forte (che sono stati allievi e di Edward Albee e compiono al Festival il primo esperimento di sit-com teatrale italiana).
Il secondo filone è legato a una tradizione che in Italia ha più di cinquecento anni (si pensi a Machiavelli) : quella di grandi pensatori, romanzieri, uomini e donne di scienza, con una visibilità già fortemente consolidata nel loro campo professionale, che decidono di esplorare la scrittura teatrale; mi riferisco, ovviamente a Toni Negri e a Linda Ferri sceneggiatrice de "La stanza del figlio" di Moretti e di "Anche libero va bene" di Rossi Stuart ma anche autrice di racconti e romanzi bellissimi (di cui proporremo in prima assoluta il testo "La conversazione").
Sul fronte della drammaturgia internazionale ospitiamo, grazie a una collaborazione col Royal Exchange Theatre di Manchester e con il Centro sperimentale di Cinematografia, la prima mondiale della pièce "Il Tempio del Popolo" di Malcolm McKay, autore britannico di culto, sceneggiatore della serie televisiva "Gormenghast" con Jonathan Rhys Meyers (il protagonista di "Match Point" di Woody Allen). L'autore sarà anche il regista dell'allestimento della sua opera (McKay ha già diretto spettacoli teatrali storici come "Public Enemy" con Kenneth Branagh e un testo di Middleton nella prima stagione del nuovo Shakespeare's Globe a Londra).
Infine presentiamo un'opera del drammaturgo e artista visiva tedesco John Bock, "Curando", che affronta il tema della spedizione e della conquista e che ha per palcoscenico una piscina nella quale il pubblico potrà nuotare insieme agli attori. La nostra linea è semplicemente quella della ricerca; cerchiamo di evitare la routine, le culture orecchiate; cerchiamo di documentare le direzioni più interessanti che le drammaturgie stanno prendendo in tutto il mondo senza farci influenzare da preferenze stilistiche o di genere”.

Credi che esista uno spazio, un'attenzione per la drammaturgia contemporanea in Italia? Esiste un trend positivo del settore che si può riscontrare a livello nazionale o internazionale?
“C'è molta curiosità e ci sono molti enti culturali che promuovono seriamente la scrittura teatrale. Penso, ad esempio, al lavoro compiuto da Angela Calicchio con il festival Tramedautore a Milano o da Antonio Calbi al Teatro Eliseo di Roma. Ma in molti altri casi si procede per sentito dire, se non addirittura su criteri opportunistici. Spesso si scambia la promozione della drammaturgia con la programmazione di testi di autori contemporanei. Mancano le risorse, la volontà, e talvolta anche l'intelligenza di radicare nell'ambiente del teatro italiano quegli strumenti e quei procedimenti che possono far crescere la scrittura per il palcoscenico. Il nostro sistema teatrale ha bisogno di sviluppare una sensibilità per il commissioning e per il commissioning avanzato. Ci vogliono istituzioni che mettano disposizione dei nostri drammaturghi denari per scrivere testi e denari per compiere viaggi, esplorazioni, interviste, raccolte di documenti finalizzate alla scrittura dei testi.
Sul fronte internazionale trovo straordinaria la nuova drammaturgia nordamericana, è chiarissimo che alcuni dei meccanismi dell' "Impero" in cui viviamo, lì si percepiscono prima e più nettamente.
Le drammaturgie di Austria e Germania stanno invece assistendo all'emergere di una nuova ondata di giovani talenti che probabilmente hanno beneficiato di un confronto con l'impressionante numero di opere di autori provenienti da tutto il mondo circolate nei paesi di lingua tedesca. Faccio il nome di uno dei più interessanti di questi talenti: la Steinbuch, di cui ho visto di recente un bellissimo testo allo Schauspiel Essen. Ci sono fermenti interessanti nell'Europa dell'Est, in Australia e in America Latina. In Asia i pezzi dei singoli drammaturghi sono troppo spesso legati al lavoro di una compagnia che li mette in scena in via quasi esclusiva, mentre nel continente africano è ancora relativamente difficile raccogliere notizie complete.
Quello che è certo è che in un momento in cui è così forte l'urgenza di informazione, è importante confrontarsi con le drammaturgie asiatica, africana e americana ignorando i problemi tecnici di casting legati alla etnia degli attori”.
Info: www.manifatturae.it
Dal 16 settembre al 30 ottobre

Fonte Il Sole 24 Ore Cultura